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23 Maggio 2023
10:00

Perché non si deve dire mai ad una mamma di non prendere in braccio il proprio bebè

Generazioni di madre si sono spesso sentite dire di non prendere sempre in braccio i figli per evitare di viziarli troppo. Ma è proprio così? (SPOILER: no)

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Perché non si deve dire mai ad una mamma di non prendere in braccio il proprio bebè
mamma prende in braccio il figlio

Prendere in braccio il proprio figlio è uno dei gesti più istintivi ed amorevoli che una madre possa compiere. Avvolto dal corpo materno infatti, il bimbo si sente confortato, coccolato, il che comporta benefici non solo all'umore del piccolo, ma anche al suo benessere psicofisico.

Curiosamente però, non è raro che le mamme cerchino di frenare questo slancio d'affetto, spesso influenzate dagli immancabili consigli (non richiesti) di amici e parenti che, pur in buona fede, credono di saperla lunga.

"Non prenderlo sempre in braccio, altrimenti lo vizi". "Non tenerlo troppo spesso in braccio, altrimenti si abitua male".

Suona familiare vero?

Ma quale vizio

Quello di crescere un bambino troppo viziato e attaccato alla madre è un timore molto radicato nella nostra cultura, la quale però è figlia di alcune convinzioni che talvolta sfociano nel pregiudizio.

L'idea che prendere in braccio il figlio possa diventare una cattiva abitudine, ad esempio, è frutto di approcci educativi decisamente antiquati e per i quali un bisogno naturale viene scambiato per un capriccio.

Secondo tale prospettiva, prendere il braccio il bebè diventa una cura eccessiva, un'occasione mancata per crescere un bambino più autonomo e che prima o poi dovrà iniziare a cavarsela da solo. Come se prenderlo in braccio significasse dargliele tutte vinte.

Questa lettura però esula completamente dalla realtà dei fatti.

Un bimbo nato da pochi mesi non è un adulto in miniatura che modula volontariamente i propri comportamenti in base ai propri fini, ma una creaturina di puro istinto che ha bisogno del nostro intervento per vedere soddisfatti i propri bisogni fisiologici (fame, sete, sonno etc…), cognitivi e, non ultimi, emozionali.

Se dunque un bambino si tranquillizza quando la mamma lo prende tra le proprie braccia, perché negarsi questa gioia? Si sta solo rispondendo ad una necessità come l'allattamento o il cambio del pannolino.

Senza parlare del fatto che primi mesi di vita il tatto rimane uno degli strumenti più efficaci attraverso i quali i lattanti iniziano a fare esperienza del mondo che li circonda. Favorire con frequenza il contatto fisico pertanto non può che comportare risvolti positivi per la crescita psicofisica del piccolo.

Cosa dice la scienza?

Negli anni sono stati molteplici gli studi che sono andati a smontare la pur radicata cultura del distacco fisico come soluzione per evitare di tirare su figli "mammoni" e capricciosi.

Capostipite di questo filone di ricerca è stato lo psicanalista inglese John Bowlby (1907-1990), autore della cosiddetta teoria dell'attaccamento.

Secondo questa teoria, prendere in braccio un bambino che piange non solo non rappresenta in alcun modo un comportamento diseducativo, ma anzi risulta la migliore forma di supporto che un genitore – e in particolare una madre – possa fornire.

Attraverso il contatto fisico infatti, il bambino si sente protetto, rassicurato, e prende confidenza con una vasta gamma di percezioni (odore, calore corporeo ecc…) che gli consentono di avere una base sicura utile dalla quale  partire all'esplorazione del mondo e dove poter tornare quando subentrano paure e necessità di conforto.

Proprio questa base sicura diventa dunque un requisito importantissimo per un corretto sviluppo emotivo e relazionale del bambino.

Lasciare il bebè a sfogarsi nella culla, dunque ,non sembra affatto una buona idea per crescere un bambino indipendente – come se poi l'indipendenza fosse un valore realisticamente perseguibile per un esserino di nemmeno un anno di vita – ma anzi rischia di privare il piccolo di adeguati riferimenti emotivi sui quali costruire la propria crescita, la propria autostima e le proprie abilità relazionali.

Che parenti e amici tuttologi si mettano pertanto il cuore in pace: il posto ideale per i bambini è proprio in braccio a mamme e papà!

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Niccolò De Rosa
Redattore
Dagli studi umanistici all'esperienza editoriale, sempre con una penna in mano e quel pizzico d'ironia che aiuta a colorare la vita. In attesa di diventare grande, scrivo di piccoli e famiglia, convinto che solo partendo da ciò che saremo in grado di seminare potremo coltivare un mondo migliore per tutti.
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