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Storie di genitori che (non) ce la fanno: noi che non siamo “mamme fighe” e invidiamo i genitori superorganizzati

Abbiamo nomi e cognomi, ma siamo anche genitori come tanti. Inauguriamo oggi Tragifamily, una rubrica in cui racconteremo con leggerezza ed autoironia storie di passioni "frustrate" dalla presenza di un figlio, di globuli rossi e del terrore del bicarbonato quando fuori piove. In poche parole, storie di genitori che (non) ce la fanno.

21 Giugno 2023
14:00
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Storie di genitori che (non) ce la fanno: noi che non siamo “mamme fighe” e invidiamo i genitori superorganizzati
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Mi chiamo Graziella. Amo leggere. Nei miei primi trentacinque anni, prendevo un libro e lo leggevo tutto d’un fiato. Non esistevano pasti, non c’erano dormite. Dovevo finire il libro. Adesso di anni ne ho quarantacinque, e leggo mentre aspetto che mia figlia finisca la lezione di danza. “Il conte di Montecristo” a puntate, il martedì e il giovedì pomeriggio. Gli sceneggiati Rai duravano di meno.

Amo il cinema. Ma, da dieci anni, guardo solo film adatti a bambini, sempre che i Dissennatori possano essere considerati personaggi adatti all’infanzia. Quando io e mio marito resistiamo davanti alla TV di notte, guardiamo I Soprano come adolescenti che fanno cose proibitissime e di nascosto. Se reggo, il prossimo fine settimana mi faccio una maratona de Il Padrino e tutto Leone, con la speranza che mia figlia vada a letto presto. Bramo la scena di Tuco e Sentenza nel campo di prigionia senza il timore che lei si alzi per bere.

Mi chiamo Graziella. Ho due globuli rossi. Non vi dico il loro nome perché sono molto discreta al riguardo, ma sappiate che hanno un nome. Con due globuli rossi non riesci a fare molto: due lavatrici al giorno, una lavastoviglie, un lavoro fuori casa per cinque ore, spesa, pulizie, badare alla colonia felina, sistemare il giardino, stare dietro a un porcellino d’India che mi odia, accompagnare su e giù dalle colline mia figlia in giro. Sì, perché abitiamo nel villaggio di Peppa Pig: qui si scende dalla propria collina per salire su un’altra.

Amo dormire. Sempre, a qualsiasi ora. Il giorno della discussione della mia tesi ho messo una quindicina di sveglie, perché temevo di non alzarmi. E la discussione era nel pomeriggio. Adesso non riesco a dormire se mia figlia non è in casa, ma mia figlia odia stare in casa e sta sempre fuori. E, quando dorme, guardo I Soprano, come avrete capito.

Gli altri genitori sono tutti più organizzati di me, hanno tutti del tempo per loro, non cascano dal sonno ma sono pimpanti e pronti ad accompagnare i figli nei parchi dove fanno arrampicate e cose folli dopo aver preso i figli a scuola, mentre io mi vanto quando riesco a portare fuori tre buste dell’immondizia in una sola volta: “Guarda, amore! Pure il cartone della pizza!

Perché, badate bene, io mi trovo in una situazione particolare: siamo genitori che hanno deciso di mandare i pargoli in una scuola a metodo Montessori, quindi non posso rispondere: “La schiaffo davanti alla TV per 24 ore di seguito a guardare tutte le schifezze che vuole!” quando mi chiedono se voglio mandare mia figlia al mare nel fine settimana. Noi dobbiamo fare cose fighe tipo escursioni con scoperta della flora spontanea sulle montagne e, nei pomeriggi piovosi, attività altamente scientifiche e formative che rischiano di farti saltare per aria la casa o di farti i capelli viola a vita. Quando mia figlia chiede cose del tipo: “Mamma, in casa ci sono amido di mais e bicarbonato?” inizio a tremare. Ma quella delle magnifiche attività educative-istruttive-formative è un’altra storia, che poi vi racconterò.

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